Chi era Peppino IØOJ

In genere i radioamatori dedicano la propria sezione  ad un socio scomparso che si è distinto negli anni passati per esperienza, cultura o impegno. La nostra sede dell’ARI è dedicata ad un pioniere delle frequenze: Giuseppe Palumbo. Non era nativo della capitale, ma sempre operò nella nostra città contribuendo in maniera decisiva alla diffusione del radiantismo romano. Tutti lo conoscevano, perché curava in particolare il test di telegrafia, quando questa era obbligatoria, ai fini del conseguimento della patente di operatore. Il nostro Peppino era comprensivo nei confronti dei candidati, non creava mai trabocchetti e poneva sempre il candidato a proprio agio. In quelle occasioni si atteneva rigorosamente alla velocità di esame: 40 caratteri al minuto, anzi qualcosa in meno. Questa pagina vuole ricordare la sua persona.


Un ricordo tratto dal volume ” ARI – 70 anni dalla fondazione”
Giuseppe Palumbo

“Peppino” come lo chiamavano gli amici, iniziò ufficialmente la sua attività nel 1945 e si distinse subito per la sua operatività. Nel 1949 conseguì il DXCC, con il n° 388. La presenza di pionieri a Roma giovò senzaltro a I1OJ, che seppe farne tesoro. Si è spesso parlato e scritto del radiantismo del Nord , ma a Roma già dal 1919, molti giovani avevano iniziato con le stazioni a scintilla, sulle onde lunghe per poi passare, subito dopo il 1923, alle prime stazioni in onda corta. L’attività di Peppino non è stata solo quella di “fare radio” in casa; I10J (il suo iniziale QRZ, quando tutti i radioamatori erano I1), è il maestro del CW di Roma: moltissimi allievi sono passati dal suo … tasto. Autore di un corso di telegrafia registrato, Palumbo mette a disposizione il suo tempo libero (ha superato da molte centinaia di mesi i … vent’anni !) nella sezione A.R.I. di Roma. Un OM di stile e tempi diversi, con spirito sempre giovanile e con il sorriso e la disponibilità immediata. Aver conosciuto Peppino Palumbo è stato come tuffarsi in un passato da pionieri, quelli veri, di cui andare orgogliosi.

L’ autore non viene citato nella pubblicazione, noi desideriamo ringraziarlo per quanto riportato nel volume.
 

un pensiero affettuoso di Andrea Gaeta (*)
rivolto al maestro di telegrafia, ripreso e ritrascritto da IZ0HHH

Giuseppe PalumboVoglio dedicare, almeno qualche riga a “italiazeroogei”, Peppino Palumbo (1910-1999), il mio primo “maestro” di cose telegrafiche, colui che mi ha iniziato alle meraviglie, ai segreti di quel piccolo e sconosciuto telegrafo, che ha in mano, il sounder (1) (sul tavolo se ne notano altri due, oltre all’inseparabile verticale (2), sulla destra).
L’ho incontrato due o tre volte, nel 1994, per suggerimento di un radioamatore cieco, Giulio Nardone e un’ultima volta nel 1998, quasi novantenne, sempre attivo, eternamente innamorato della telegrafia e ancora pieno di curiosità. Dei nostri colloqui ho alcuni nastri e le relative trascrizioni, che conservo gelosamente e consulto spesso.
Un giorno parlando di didattica mi disse una cosa, che poi ebbi modo di verificare: i testi francesi (di radiotecnica e di telegrafia) sono più chiari di quelli italiani, perché questi ultimi presumono che lo studente abbia già alcune nozioni. Ed allora mi diede dei nastri e delle dispense, che aveva scritto personalmente per insegnare il Morse. Mi fece sentire i rumoretti del sounder e quelli analoghi del tasto e mi fece manipolare questi due dispositivi. Mi spiegò bene la differenza tra telegrafia con fili e con zona (3), indi senza zona e infine senza fili. Anche la telegrafia è una forma di linguaggio parlato ed i telegrafisti esperti riescono a cogliere nel suono e nelle pause del corrispondente il suo tono di voce e la sua calligrafia. Mi parlò, inoltre del cartoccetto Cominoli (4) usato dai ferrovieri, che mi incuriosì moltissimo.
Giuseppe PalumboUna volta fu trasferito al telegrafo di Genova, sulla linea a circuito chiuso per Sanpierdarena, molto trafficata; avevano bisogno di telegrafisti e non radiotelegrafisti. Lui lavorava nella sala apparati con i telegrafi scriventi. Come telegrafista avrebbe dovuto tradurre dalla zona, ma lui radiotelegrafista riceveva sempre ad udito e quindi a velocità maggiore. È stato anche baudista e hughista(5) dove la manipolazione avveniva a 5dita, ma lui prediligeva sempre il tasto verticale ed il Morse. Fino alla fine della guerra la Hughes era molto usata, poi sono arrivate le telescriventi, che hanno fatto terra bruciata di tutte queste tecnologie intermedie.
A quei tempi, gli apparati molto spesso si autocostruivano; in ogni caso quei dispositivi diventavano colleghi di lavoro ed anche il Morse poteva trasmetterci calore umano. Non è vero che il linguaggio telegrafico sia freddo e distaccato. Chi scrive “amoti” invece di “ti amo” è certamente arido, ma la colpa non è davvero del tasto.
Mi raccontò ancora molti episodi della sua vita: dei contest, del decalogo degli OM, delle scale R/S/T, delle prime radio a scintilla, delle strascicate trasmissioni coloniali , delle intercettazioni, delle spie e dei camuffamenti: di tutto un mondo che aveva iniziato a dissolversi subito dopo la guerra e che nessuno voleva e sapeva contrastare. Mentre mi diceva queste cose si divertiva a battere in Morse sui braccioli della sua sedia, annuendo con le palpebre, come solo le persone d’esperienza si permettono. Ciao Peppino, ancora grazie!

antichi strumenti telegrafici

RINGRAZIAMENTI

Andrea Gaeta è un entusiasta delle tecniche legate al mondo della telegrafia e della radio. Il suo sito è una miniera di immagini testi e informazioni legati a quel mondo (qui il link alla pagina del Morse di Andrea Gaeta) Grazie !

Eliseo Chiarucci (I6BAK) gestisce alcune pagine di un sito/museo (qui il link alla pagina di Eliseo) ricco di foto e testi antichi, da non perdere. Alcune foto qui esposte provengono dalla sua galleria. Anche a te il nostro ringraziamento !